martedì 25 marzo 2014

L'annuncio del sacrificio

Sia la chiesa Cattolica che quella Ortodossa festeggiano oggi la visita dell’arcangelo Gabriele a Maria per annunciarle che concepirà Cristo (che nasce esattamente 9 mesi dopo, il 25 dicembre), la liturgia viene però rinviata se coincide con una domenica di Quaresima o altre solennità del tempo pasquale.
Tuttavia, come spesso accade, il 25 marzo era già festeggiato dalla tradizione pre-cristiana. Secondo il calendario giudaico la data celebra il sacrificio di Isacco, l’evento durante il quale un Ariete viene mandato da Dio per essere sacrificato al posto del giovane figlio di Abramo.
Nella tradizione filosofica e mitologica, troviamo il racconto di Frisso, Elle e il Vello d’oro che appartiene al segno dell’Ariete (ovvero il segno che, anticamente, iniziava proprio il giorno 25 marzo).
L’Ariete viene mandato da Zeus per salvare i due giovani innocenti che stavano per essere sacrificati,  il montone viene mandato da Jahvè per salvare l’innocente Isacco, Cristo, l’agnello di Dio, viene mandato dal Padre per salvare l’umanità e redimerla dai suoi peccati.
Ecco allora che la visita  dell’angelo Gabriele a Maria di Nazareth, per annunciarle l’Incarnazione del Verbo, rappresenta l’inizio della tradizione cristiana. Maria acconsente, dichiarandosi serva (ancilla) del Signore (Lc 1, 26-38); in quel momento, secondo l’opinione unanime dei teologi, «il Verbo si fece carne e abitò fra di noi» (Gv 1, 14).
Come ogni data relativa agli eventi della infanzia di Gesù, anche quella dell’Annunciazione è stata stabilita in riferimento al Natale, e quindi indicata solamente dalla tradizione della Chiesa, mancando al riguardo riferimenti precisi nei Vangeli. Quale momento del concepimento, l’Annunciazione è stata simbolicamente collocata nel giorno al 9º mese prima del Natale, anche con l’idea che l’Incarnazione, come la creazione del mondo, coincidesse con l’equinozio di primavera, e questo avvenne presto dopo l’istituzione della festa del Natale e la sua collocazione al 25 dicembre, che avvenne in Occidente intorno alla metà del IV secolo d.C.
La narrazione di Luca (1, 26-38) è l’unica delle fonti evangeliche a riferire l’episodio, ricchi invece di particolari sono i Vangeli apocrifi dell’infanzia, soprattutto il Protovangelo di Giacomo (200 ca.), lo Pseudo-Matteo (sec. VII-VIII e oltre) e la Natività di Maria (846-849) di Radberto Pascasio, abate di Corbie che trovarono in seguito un riscontro iconografico nelle raffigurazioni artistiche. Questa letteratura trovò nel Medioevo la massima diffusione, divenendo pertanto modello per le applicazioni figurative, anche attraverso compilazioni di carattere divulgativo quali lo Speculum historiale di Vincenzo di Beauvais e la Legenda aurea di Jacopo da Varazze.
Relativamente alle scelte iconografiche elaborate dall’arte bizantina, il Vangelo armeno dell’infanzia narra che l’angelo si sarebbe presentato due volte a Maria: la prima, mentre ella si recava ad attingere acqua a una fonte, quando Gabriele senza rendersi visibile le rivolse la parola spaventandola; la seconda, quando, poco dopo, essendosi Maria chiusa in casa per filare e tessere un velo di porpora per il Tempio, l’arcangelo le apparve in sembianze umane annunciandole che avrebbe concepito e partorito un figlio per opera dello Spirito Santo. In quello stesso momento la Parola di Dio, entrata in Maria attraverso l’orecchio, operò il concepimento.